Nella tragedia “Giulio Cesare” di William Shaspeare viene messo in scena il confronto tra chi alla stregua di Bruto sacrifica i propri affetti più cari per un bene che considera superiore, la libertà, e chi come Marco Antonio piega invece il proprio sentimento di amicizia sincera alle necessità della lotta politica, guidato dall’ambizione personale.
È il tema principale di uno dei drammi più belli di tutti i tempi: Giulio Cesare di William Shakespeare. Nel monologo di Marco Antonio – tra i più significativi esempi della forza espressiva del drammaturgo inglese – si può cogliere il momento in cui il pendolo della Storia cambia verso e il complotto anticesariano viene ridotto all’impotenza dall’intervento sagace di Marco Antonio, amico di Cesare e a lui fedele in politica. Shakespeare conosce infatti la differenza che passa tra coloro che vendono soltanto parole ed i veri politici; questi ultimi sanno che per rendersi credibili occorre presentarsi con almeno qualche segno concreto. Marco Antonio riporta la bilancia del potere a favore della propria parte mostrando al popolo la pergamena con il testamento di Cesare che costituisce, appunto, suoi eredi tutti i cittadini di Roma.
Nel sottolineare quel momento Shakespeare – in linea con la moderna storiografia – ha saputo individuare il momento in cui gli equilibri del potere si rovesciano. I congiurati delle Idi di Marzo non erano un gruppo isolato: avevano motivo di sperare nell’appoggio di fazioni potenti. Ma l’ istinto, la prontezza e l’ abilità di un politico di razza quale nel dramma shakespeariano si palesa Marco Antonio riescono a riportare compatta la componente popolare a favore del movimento cesarista e contro i congiurati, che saranno costretti a fuggire da Roma.