Luigi Fortini ha scelto, e legge, le pagine qui presentate ricavandole dal “Manuale di conversazione” di Achille Campanile pubblicato nel 1973 da Rizzoli. Il breve racconto – il cui significato va cercato nel non-detto come si comprenderà arrivando alla fine – è intitolato: “Una persona gentile”.
Spiazzante e corrosivo cultore del paradosso, umorista di successo, Achille Campanile ha un posto tutto suo nella letteratura italiana, al punto che per molti rimane ancora oggi incatalogabile.
Ma che sia stato scrittore, drammaturgo e giornalista di razza è certo: già da giovane, negli Anni Venti dello scorso secolo, si fa un nome pubblicando romanzi e commedie di successo e guadagnandosi l’appoggio di due futuri premi Nobel: Montale e Pirandello.
In età matura saranno intellettuali progressisti quali Norberto Bobbio, Umberto Eco e Enzo Siciliano a rendergli omaggio. Ma anche adesso, come già allora, senza che si potesse attribuirgli una precisa collocazione nel panorama letterario italiano.
Per il critico Carlo Bo, Campanile è stato “uno dei rarissimi inventori di un nuovo genere letterario” e quali fossero le fondamenta di tale genere è lo stesso Campanile a suggerirlo : l’ umorista, ha spiegato, “è uno che istintivamente sente il ridicolo dei luoghi comuni e perciò è tratto a fare l’opposto di quello che fanno gli altri”. Un sovversivo, dunque? No, o almeno non sempre, perché l’amore per il paradosso lo induce ad aggiungere: “se è un umorista, può arrivare perfino all’assurdo di essere come tutti gli altri”